Il franchise di Alien ha sempre avuto un rapporto complicato con i videogiochi. Per ogni Alien: Isolation che ha saputo catturare perfettamente l’essenza della serie, ci sono stati diversi titoli che non sono riusciti nell’impresa. Alien: Rogue Incursion rappresenta il primo tentativo di portare gli xenomorfi nella realtà virtuale, un’idea potenzialmente rivoluzionaria che promette di farci vivere in prima persona il terrore di trovarsi faccia a faccia con il perfetto organismo assassino. Ma il risultato è all’altezza delle aspettative? Si e No.
Versione testata: Steam VR
“My Mommy Always Said There Were No Monsters” – La Storia
In Rogue Incursion vestiamo i panni di Zula Hendricks, ex marine coloniale già protagonista dei fumetti Aliens: Defiance, che insieme al sintetico Davis-01 risponde a una richiesta di soccorso proveniente da una remota struttura di ricerca sul pianeta Purdan. Come da tradizione della serie, quello che sembra un semplice intervento di routine si trasforma rapidamente in un incubo quando la coppia scopre che l’intera facility è stata invasa dagli xenomorfi.
La narrazione segue i canoni classici della serie, con rivelazioni corporate, esperimenti segreti e tradimenti, ma riesce comunque a mantenere alta l’attenzione grazie a una buona caratterizzazione dei personaggi principali. Il rapporto tra Zula e Davis-01 è particolarmente riuscito, con dialoghi ben scritti che alleggeriscono la tensione nei rari momenti di quiete. La storia viene approfondita attraverso email e log audio sparsi per la struttura, che aggiungono interessanti dettagli di contesto per i più curiosi.
“I Like to Keep This Handy… For Close Encounters” – Gameplay e Combattimento
Il gameplay di Rogue Incursion si presenta come un mix tra horror e action, pendendo decisamente verso quest’ultimo aspetto. Del resto la protagonista è una marines super cazzuta. Il nostro arsenale include tre armi principali: un fucile a impulsi che richiama quello iconico di Aliens, uno shotgun devastante a distanza ravvicinata e un revolver che funge da ultima risorsa. La gestione delle armi in VR è convincente, con un sistema di ricarica manuale che nelle fasi concitate (e ce ne sono davvero davvero tanti) crea momenti di autentica tensione.
L’equipaggiamento è posizionato sul corpo del personaggio in modo intuitivo: la torcia sulla spalla sinistra, la pistola nella fondina sul fianco e il fucile sulle spalle. Anche gli strumenti come il motion tracker e il saldatore al plasma sono facilmente accessibili. Questo sistema contribuisce all’immersione, anche se occasionalmente può risultare impreciso nei momenti più frenetici. Il gioco comunque permette una perfetta calibrazione del vostro alter ego, dall’altezza alle informazioni sulla larghezza del toraca, la lunghezza delle braccia ecc. Un qualcosa che non è molto frequente e che invece dovrebbe essere la regola per ogni gioco VR in prima persona.
Il problema principale risiede nella frequenza eccessiva degli scontri con gli xenomorfi. Le creature appaiono ogni 1-2 minuti, trasformando quello che dovrebbe essere un horror survival in uno shooter ripetitivo. Inoltre, l’IA degli alieni, inizialmente impressionante, rivela presto schemi prevedibili che ne minano la credibilità come predatori letali. Una ripetitività che si accentua a causa del sistema di salvataggio che è il vero elefante nella stanza.
“They Mostly Come at Night… Mostly” – Level Design e Progressione
La struttura di Purdan è un classico labirinto di corridoi e stanze che richiama l’estetica industrial-sci-fi tipica della serie. Il level design alterna sezioni lineari a aree più aperte che invitano all’esplorazione, ma la continua apparizione di xenomorfi rende frustrante ogni tentativo di deviare dal percorso principale.
Il sistema di salvataggio basato esclusivamente su safe room sparse per la mappa è particolarmente problematico. Sebbene non siamo del tutto contrari ad un sistema di salvataggio alla “Resident Evil”, la dislocazione delle safe room e l’apparizione randomica degli alieni rendono il tutto un po’ più complicato rispetto al capolavoro Capcom.
La morte infatti ci costringe a ripetere lunghe sezioni di gioco, un aspetto che diventa tedioso considerando la frequenza degli scontri e a causa di morti che possono sembrare a volte ingiuste a causa di hitbox imprecise.
“Building Better Worlds” – Comparto Tecnico e Prestazioni
Testato su una configurazione di tutto rispetto (Radeon 7900XT, 32GB RAM DDR5 6000MHz, processore 9800X3D), Rogue Incursion mostra evidenti problemi di ottimizzazione. Nonostante l’utilizzo di diverse limitazioni nelle opzioni grafiche, il framerate soffre di cali improvvisi e stuttering che possono causare nausea in VR. Il TSR (Temporal Super Resolution) implementato come soluzione di upscaling non sembra funzionare correttamente, impattando negativamente sulle prestazioni invece di migliorarle.
L’utilizzo con Virtual Desktop su Meta Quest 3, uno standard de facto per il gaming VR wireless, presenta problemi di latenza e stabilità che costringono all’uso via cavo per un’esperienza accettabile. L’assenza del cloud save su Steam è un’omissione difficilmente giustificabile nel 2025.
Dal punto di vista artistico, invece, il gioco brilla. Gli xenomorfi sono modellati con cura maniacale e si muovono con l’eleganza letale che ci si aspetta. Gli ambienti, seppur non al livello di Half-Life: Alyx in termini di dettaglio e interattività, riescono a trasmettere efficacemente l’atmosfera claustrofobica e minacciosa tipica della serie. Il gioco è stato evidentemente creato da un team di veri appassionati dalla serie, e l’amore verso il franchise traspare da ogni pixel (anche da quelli low res dei vari terminali sparsi in giro per la mappa, in pieno stile anni 80.)
“Perfect Organism” – Audio e Immersione
Il comparto audio è uno degli aspetti più riusciti. Dal caratteristico beep del motion tracker ai sibili degli xenomorfi, ogni effetto sonoro contribuisce a creare tensione e immersione. Il doppiaggio solo in inglese ma accompagnato da una buona traduzione italiana nei sottotitoli è generalmente di buon livello, anche se alcune linee di dialogo soffrono di una recitazione poco ispirata.
La colonna sonora sa quando intervenire per sottolineare i momenti chiave, ma la sua attivazione troppo frequente durante gli incontri con gli xenomorfi finisce per diminuirne l’impatto emotivo.
Opzioni Comfort
Rogue Incursion si presenta con un ricco set di opzioni per personalizzare l’esperienza VR e renderla confortevole per ogni tipo di giocatore. Le rotazioni possono essere configurate sia con rotazione fluida che a scatti (snap-turn) di intensità regolabile, mentre un sistema di vignettatura aiuta a prevenire la nausea da movimento. Il gioco supporta sia la modalità in piedi che quella seduta, quest’ultima disponibile in due varianti: fissa o con rotazione della sedia. È possibile scegliere se basare il movimento sulla direzione dello sguardo o del controller, con l’opzione di invertire la mano di controllo. È presente anche una funzione dash per gli spostamenti rapidi, anche se manca l’opzione di teletrasporto. L’accovacciamento può essere sia fisico che simulato tramite un pulsante, e l’altezza del giocatore è completamente regolabile così come le dimensioni di spalle e torace. Gli unici momenti potenzialmente problematici per la motion sickness sono le animazioni forzate durante gli attacchi degli xenomorfi, comunque attenuate da una vignettatura appropriata, e le vibrazioni dello schermo che possono essere disattivate dalle opzioni.
“This Installation Has a Substantial Dollar Value” – Contenuti e Prezzo
Uno degli aspetti più controversi di Rogue Incursion e che ha inciso anche sulla sua valutazione su Steam è la sua natura episodica, non dichiarata nel marketing pre-lancio. I giocatori scoprono di aver acquistato solo la “Part One” solo dopo aver avviato il gioco. Nonostante questo, considerata la longevità del titolo circa 7-8 ore e un prezzo di 40€, il rapporto qualità/prezzo ci sembra più che adeguato per un gioco VR dove la media è circa 5-6 ore. Forse se gli autori si fossero limitati a terminare con un cliffhanger senza sottolineare la natura episodica, in molti avrebbero avuto molto meno da ridire.
Commento Finale
Alien: Rogue Incursion è un esperimento coraggioso ma imperfetto. L’immersione VR e l’atmosfera fedele al franchise mostrano il potenziale della formula, ma problemi tecnici, scelte di design discutibili e l’assenza di elementi di Quality of Life imprescindibili nel 2025, come il cloud save, ne compromettono l’impatto complessivo.
Con alcune patch correttive (dal lancio ne sono state rilasciate già 3, una di queste ha risolto alcuni dei problemi con VD) per risolvere i problemi di ottimizzazione e un bilanciamento degli incontri con gli xenomorfi, potrebbe diventare un’esperienza più godibile. Resta comunque un gioco assolutamente consigliato ai fan più accaniti della serie disposti a sopportarne i difetti per vivere l’emozione per ora irripetibile di affrontare gli xenomorfi in VR.