Into the radius per Meta Quest 2
Versione testata Meta Quest 2
Into the radius è stato uno dei titoli per PCVR più amati degli scorsi anni; lanciato due anni fa, il titolo sviluppato da CM Games ha in ben poco tempo raggiunto la ragguardevole cifra di oltre un milione di dollari di revenues, valori assolutamente da non sottavalutare se si considera il fatto che a svilupparlo è uno sviluppatore indipendente e che il mercato PCVR non può vantare i numeri ad esempio di quello console.
Il punto di forza del titolo sta soprattutto nelle ambientazioni “stalkeriane” e post apocalittiche, unite ad un gameplay che vi spinge ad adottare un atteggiamento “stealth” e un approccio ragionato, che in molti hanno paragonato alla serie Metro, anche per l’ovvia vicinanza alla distopia immaginata dallo scrittore russo Dmitry Glukhovsky.
L’arrivo su piattaforma Meta Quest 2 rappresenta quindi un passo fondamentale per lo sviluppatore, perché consentirà ad un pubblico ancora più vasto di apprezzare il titolo.
I problemi di un porting su Meta Quest 2
Lo sforzo più grande di un qualsiasi port su Quest 2 riguarda ovviamente l’aspetto tecnico. Se infatti le versioni PCVR possono fare affidamento sulla potenza computazionale di GPU dedicate, su Meta Quest 2 occorre accontentarsi di quello che il SoC Qualcomm può offrire; tuttavia, come ha dimostrato Vertical Robot con il recente Red Matter 2, anche il piccolo Qualcomm XR2 alla base di Quest 2 può dire la sua, nelle giuste mani.
Che gioco è?
Into the radius, lo dicevamo in apertura, è un survival shooter a missioni la cui ispirazione può essere fatta risalire al romanzo di Arkadij e Boris Strugackij pubblicato nel 1972 “Picnic sul ciglio della strada” (meglio noto in italia con il nome di “Stalker“) e alla successiva opera cinematografica del regista Andrej Tarkovskij Stalker, alla cui sceneggiatura hanno partecipato gli stessi autori.
Anche qui nei panni di uno S.T.A.L.K.E.R. (acronimo che sta per Scavengers/sciacalli, Trespassers/trasgressori, Adventurers/avventurieri, Loners/solitari, Killers/assassini, Explorers/esploratori e Robbers/rapinatori) dovremo avventurarci nella “Zona dell’anomalia di Pechorsk” dove misteriosi manufatti e “echi” o frammenti di individui improvvisamente scomparsi proveranno a raccontarci una storia tra il paranormale e il fantascientifico, che dovremo ricostruire pezzo per pezzo mettendone insieme frammenti sparsi.
Nei panni di uno stalker quindi, attraverseremo paesaggi desolati, città disabitate, vecchie fabbriche abbandonate in seguito ad un cataclisma ancora non ben chiaro, ognuna di esse con ampie possibilità di esplorazione e di looting.
A guidarci sarà la nostra mappa dell’area: non più sotto forma di hud classico posizionato in un angolo, ma una vera mappa da tirar fuori alla bisogna per programmare percorsi, luoghi in cui accamparsi tenendo conto del ciclo giorno notte, punti di interesse.
Ed è questo uno dei punti di forza di Into the radius. Nel gioco infatti tutto è costruito per aumentare l’immedesimazione del giocatore e non spezzare quella sospensione dell’incredulità che il gioco ricostruisce con estrema facilità anche grazie all’utilizzo della realtà virtuale.
Non ci sono quindi barre della stamina o dell’energia, ma piuttosto un bracciale/orologio/bussola che indica questi valori e che dovremo consultare periodicamente anche per verificare che il nostro personaggio non cada distrutto dalla fatica. Non esiste un menù per l’inventario, ma piuttosto occorrerà tirar fuori il nostro fidato zaino da viaggio e conservare all’interno di esso gli oggetti recuperati, così come armi e kit di sopravvivenza o snack energetici, tenendo ovviamente sempre in considerazione il peso da trasportare, che influenzerà la nostra capacità di movimento, come in un classico RPG.
Altro elemento assolutamente interessante del gioco è la gestione delle armi.
Into the radius offre un interessante armamentario che spazia dalla Makarov da 18mm con cui vi troverete ad iniziare il gioco, passando per tantissimi tipi di pistole come Glock 17, Beretta M9, ma anche Fucili a canne mozze, mitragliette e via dicendo, che potranno essere acquistate o recuperate nel corso del gioco. Stiamo parlando di ventinove armi diverse, divise in 5 livelli di sicurezza e ciascuna ovviamente con i propri upgrade e miglioramenti, diversi tipi di proiettile, ecc. Senza contare tutta una serie di attrezzature di sicurezza e di attacco, come maschere antigas, torce da casco, giubbotti antiproiettili, sonde per rilevare anomalie e cosi via.
Tutte le armi sono rese con un incredibile livello di realismo che in VR possiamo ritrovare solo in titoli decisamente più specialistici come Contractors, Onward o Pavlov. Anche qui, manco a dirlo, scordatevi la ricarica automatica: le armi dovranno essere ricaricate in maniera realistica per cui vi occorrerà imparare a maneggiarle prima di lanciarvi in qualsiasi missione. Addirittura dovrete imparare a conservare i caricatori delle vostre armi (niente più caricatori sparsi per la mappa) che dovranno poi essere caricati, un proiettile alla volta, recuperando proiettili e scatole portacartucce, e persino ricordarvi di oliarle per evitare che si inceppino.
I proiettili, così come in ogni survival che si rispetti, sono scarsi e occorrerà dosarli con cura. In alcuni casi, infatti, lo scontro è fuori discussione anche perché generare troppo rumore allerterà i nemici vicini causando un gameover praticamente certo.
Open World classico in salsa VR
Dal punto di vista del gameplay Into the radius, è un classico open world a missioni. Esistono due tipi di missioni: “regular” e “top priority”. In ciascuna di esse avrete oggetti principali da recuperare ed oggetti secondari che, se riportati alla base vi faranno guadagnare crediti e sbloccare nuove opzioni per armi e personalizzazioni. La base oltre che da hub per le missioni funge anche da luogo per la personalizzazione e l’upgrade delle armi. Questo, unito ad una buona esplorabilità delle mappe, porta a 12 le ore di gioco necessarie a visionare i titoli di coda, al pari della versione PCVR.
Pur non essendo un titolo basato principalmente sullo shooting, il gunfight e il feeling delle armi è estremamente realistico e soddisfacente, restituendo una sensazione di realismo davvero eccellente.
Comparto tecnico ed opzioni comfort
Dal punto di vista grafico, la versione per Meta Quest 2 è discreta; il comparto grafico dobbiamo chiarirlo è ben lontano dalle vette di Red Matter 2 dal punto di vista della qualità e del dettaglio ed anzi si avverte piuttosto insistente una certa sensazione di vuoto, accentuata anche dalle grandi dimensioni delle mappe di gioco. Tuttavia, il gioco resta anche sotto questo aspetto estramamente godibile, complice un setting che, anche così spoglio, si adatta perfettamente all’ambientazione postapocalittica.
Per quanto riguarda le opzioni di comfort, Into the radius offre movimento continuo ma non teletrasporto, che però verrà introdotto in un prossimo upgrade, una opzione per il gioco da seduti e lo snap turn regolabile, oltre che una opzione ibrida per la quale non siamo riusciti a notare differenze con lo snap turning. La direzione del movimento continuo può essere impressa tramite controller oppure ancorata al movimento della testa.
Commento finale
Into the radius è uno straordinario survival shooter per Meta Quest 2. La suggestiva narrativa basata su capisaldi del genere distopico post apocalittico, unita ad un realismo estremo nel gameplay, nella gestione delle armi e dell’inventario, ne fanno un acquisto obbligato per chi cerca un titolo alla Stalker: Shadow of Chernobyl ma in VR. La versione Quest 2 di Into the radius inoltre, non fa rimpiangere troppo la versione PCVR offrendo tutto quanto avevamo apprezzato nella versione PC unito ad un comparto grafico certamente semplificato ma comunque in grado di affascinare il giocatore che per la prima volta si avventura nella zona dell’anomalia.